Giovanni Tonzig

L'intimo intreccio

Nel dicembre 2006 è uscito un mio libro di racconti autobiografici a sfondo gastronomico, L'intimo intreccio - Storie di cibo e di gente. Nella quarta pagina di copertina il libro è così presentato:

Quanto della nostra vita può essere ripercorso seguendo il filo dei ricordi legati al cibo? Quasi tutto: l'intimo intreccio tra cibo e vita si disvela chiaramente in queste pagine spesso esilaranti, a volte toccanti, sempre agili e scorrevoli. Ne esce una vivacissima galleria di personaggi veri: dal maresciallo musicista e cuoco raffinato al ristoratore che non riconosce che il vino sa di tappo, dal giornalista gastronomo che detta legge dagli schermi televisivi al grande cuoco che stabilisce lui stesso quello che mangerai, è tutto un susseguirsi di aneddoti e bozzetti capaci di ricostruire con immediata efficacia situazioni ed ambienti. E le originali, a volte un po' provocatorie considerazioni dell'autore su alcuni aspetti più tecnici del far cucina non potranno che maggiormente coinvolgere e appassionare il lettore goloso.

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Cos'è questo libro: la prefazione

L'idea originaria era per la verità un po' diversa: avevo in mente di scrivere un piccolo, divertente libro di cucina, fatto di un certo numero di ricette (della mia famiglia e mie personali) ma anche di commenti a ruota libera, di osservazioni, di piccoli suggerimenti, di qualche aneddoto. Non potevo io stesso immaginare quanto della mia vita - ma forse della vita di noi tutti - può essere ripercorso seguendo il filo, in apparenza così esile e inadeguato, dei ricordi legati al cibo. Man mano che, scrivendo, me ne sono reso conto, la voglia di rievocare ha preso il sopravvento, il lato propriamente gastronomico è diventato meno importante, e nella maggior parte dei racconti è in effetti passato in secondo piano. In alcuni capitoli, del progetto primitivo è rimasta una traccia appena riconoscibile.

Mi ha incoraggiato l'esempio di un libro famoso e bellissimo, Il Sistema Periodico di Primo Levi. Levi rievoca episodi e momenti della sua vita rimandando ogni capitolo a un particolare elemento chimico: io ho provato a fare una cosa simile, ricollegando però i vari racconti a una particolare vivanda, o a un particolare episodio di tavola, o a un particolare personaggio in qualche modo coinvolto nelle cose di cucina. L'analogia sarebbe migliore se, così come Levi, chimico, rimanda alla chimica, io, che rimando alla cucina, fossi un cuoco, o almeno un ristoratore. Sfortunatamente sono un ingegnere, e il fatto che io mi sia in definitiva dedicato alla fisica non migliora la situazione. Lo so, c'è in giro la voce che, cuoco o non cuoco, io in cucina me la cavo egregiamente. A me questa simpatica diceria va più che bene, tuttavia credo di dover qui avvertire che le cose non stanno propriamente in questi termini: il mio rapporto diretto coi fornelli di casa, sempre improntato alla massima cordialità, resta nondimeno del tutto occasionale ed episodico (e la mia rinuncia a scrivere un libro di cucina è probabilmente un bene per tutti).

Vorrei rassicurare il lettore circa la veridicità delle mie storie: rivendico al mio disordinato zibaldone gastronomico il merito - se è un merito - della scrupolosa fedeltà a quanto è realmente accaduto, o almeno a quanto mi è dato di ricordare. A volte il racconto si prestava ad essere arricchito con episodi o dettagli di pura fantasia: il lettore si sarebbe maggiormente divertito, ma io non me la sono sentita di imbrogliarlo, mi sono rigidamente attenuto ai ricordi. È invece possibile che ci siano, in alcune mie ricostruzioni, errori geografici, o storici, o di altra natura. Sarò grato al lettore che mi metterà nella condizione di poterli correggere.

Alcuni capitoli

 

L'Intimo Intreccio

Qualche retroscena

a) Difficoltà di pubblicazione

Alla fine del 2002 il manoscritto era praticamente pronto: ci sono voluti quattro anni prima che venisse pubblicato! Gli editori contattati, direttamente o tramite amicizie influenti, sono: Adelfi, Mondadori, Rizzoli, Guanda, Marsilio, Piemme, Archinto, Memori, Piemme, Tommasi, Marietti, Voland, Garzanti, Bompiani, Grecoegreco, Mursia. Alcuni (pochi) non hanno risposto. Gli altri hanno dato risposta negativa con la motivazione "la sua proposta non ci sembra adatta alla nostra linea editoriale" oppure, più spesso, con la motivazione "il libro è scritto bene, ma è destinato a una cerchia di lettori ristretta". Qualcuno ha anche detto che se non si è un personaggio conosciuto (della televisione, dello sport, della politica) oggi è praticamente impossibile esordire con editori importanti. A quanto mi è stato riferito, un editor si è quasi arrabbiato: i miei racconti, pare abbia detto, sono effettivamente belli, ma io non dovevo sprecarmi con dei raccontini, dovevo impegnarmi in un romanzo... (sui criteri con cui viene decisa la pubblicazione di un libro si veda più avanti la lettera inviatami da Giuseppe Pontiggia).

b) L'altra prefazione

Incerto sul "tono" da dare alla prefazione, ne avevo predisposte due. Una più seria, sicuramente più adatta al lato letterario e narrativo del libro. E una brillante e scherzosa, più adatta forse a introdurre il libro inteso come manuale (molto sui generis) di cucina. Ho oscillato fino alla fine tra le due possibili soluzioni senza riuscire a decidere per l'una o per l'altra. Ho in definitiva lasciato la scelta all'editore, che ha scelto la prima. Riporto qui di seguito l'altra.

La mia speranza, amico lettore, è che la lettura di questo libro ti sia lieve e giovi a ricreare il tuo spirito. Nel caso ciò non dovesse accadere, vorrei pregarti di considerare che la responsabilità del malfatto è solo in minima parte mia. Dopo tutto, io sono solo l'autore: la responsabilità vera, profonda, va fatta risalire agli ispiratori. E gli ispiratori, ancorché del tutto inconsapevoli (ciò dovrà essere tenuto presente a loro discolpa), sono alcuni miei colleghi carissimi: matematico il primo, filosofo il secondo, fisico il terzo. Sono loro che, mal consigliati dall'amicizia che vicendevolmente ci lega, hanno sparso per il mondo la voce che a casa mia si mangia divinamente; e che, a più riprese alimentando tale diceria, hanno creato i presupposti perché, a un certo punto della vita, io mi sentissi, a ragione o a torto, moralmente tenuto a scrivere un libro di cucina. Un atto dovuto, per così dire: e anche, da ormai parecchio tempo, un pensiero continuo, un chiodo fisso che stava seriamente pregiudi­cando la mia capacità di concentrami su impegni più consoni al mio status professionale.
Che poi, in realtà, questo non possa in alcun modo essere considerato un libro di cucina, ma solo una collana di racconti autobiografici a sfondo gastronomico, sia pure con qualche paren­tesi più tecnica, si deve alla mia natura di scribacchino impenitente: a motivo della quale la voglia di raccontare ha ben presto preso in me il sopravvento su tutto il resto, condizionando l'intero lavoro. Mai avrei immaginato quanto della mia vita - ma forse della vita di noi tutti - può essere ripercorso seguendo il filo, in apparenza così esile e inadeguato, dei ricordi legati al cibo! Man mano che, scrivendo, me ne sono reso conto, il lato gastronomico è diventato meno importante, e nella maggior parte dei racconti è passato in secondo piano: in alcuni capitoli, del progetto primitivo è rimasta una traccia appena riconoscibile. Ma forse è meglio così, di libri di ricette ce n'è in giro fin troppi, e la mia rinuncia a scrivere un libro di cucina è probabilmente un bene per tutti.
In ogni caso, voglio mettere le mani avanti: dopo aver speso buona parte della vita - e non ho ancora finito - a scrivere di Fisica, con l'assillo di dire sempre e solo e a qualsiasi costo cose vere, comprovate, totalmente certe, assolutamente indiscutibili, qui finalmente, trattando di cose mangerecce, ho voluto scrivere in tutta libertà. Rivendico questo diritto, l'ho esercitato fino in fondo. So di essermi esposto a qualche rischio, so che potrò essere chiamato a pagare per qualche mia affermazione un po' imprudente: non importa, pagherò, la libertà non ha prezzo. Del resto, amico lettore, io non voglio convincere nessuno. Se non sarai d'accordo con le mie idee gastronomiche, pazienza, non è questo il punto: l'importante è che io mi sfili il chiodo, che tu legga - come spero - con qualche diletto e che la libertà trionfi. Buona lettura, dunque, buon divertimento. E naturalmente buon appetito.

Recensioni

a) "Libro da godersi come una prelibatezza" (sito Internet www.stradanove.net)
b) "Un gustoso/delicato amarcord" (settimanale Sorrisi e canzoni)
c) "Non comune maestria narrativa" (Tuttoleone)
d) "Un gusto ed una competenza che lasciano ammirati" (Ex News, notiziario ex alunni Leone XIII)
e) "Un piccolo, commovente diario privato... Una scrittura lieve e intensa" (sito Internet del Club Papillon)
f) "Una gradevole salsina di umorismo che riconduce l'insieme e il lettore a ciò che il cibo dev'essere" (La Civiltà Cattolica)

a) Ormai una madeleine non è più una semplice madeleine. Ormai è diventato impossibile gustare uno di questi dolci senza pensare, 'Proust, la Recherche, Combray, le fanciulle in fiore'. Ormai mangio una madeine solo quando rileggo Proust, mi aiuta a concentrarmi. Adesso che però sappiamo il legame tra cibo e ricordi, perché non domandarci quale sia la nostra madeleine? Magari con un nome meno femminilmente romantico ma che ugualmente mette in moto la nostra memoria?
È quello che fa Giovanni Tonzig in questo libro da godersi come una prelibatezza, "L'intimo intreccio", sul rapporto stretto, e nello stesso tempo intimo perché coinvolge i nostri affetti, tra vita e cucina. Giovanni Tonzig non è un cuoco, tutt'altro. Giovanni Tonzig è un professore di Fisica che ha insegnato nei licei, è professore a contratto del Politecnico di Milano e ha pubblicato un libro, "100 errori di Fisica pronti per l'uso", che è diventato un classico della saggistica didattico-scientifica. Ci stupisce dunque che si aggiri intorno ai fornelli? Niente affatto, anzi, ci pare il perfetto equilibrio tra concreto e astratto, tra grafici ed aromi, tra cervello e sensi.
Procede a ruota libera, il libro di Tonzig, seguendo il percorso disordinato della memoria, anche se prende l'avvio da un tempo lontano con "A tavola in famiglia" e i ricordi delle fissazioni paterne sugli orari dei pasti o su abitudini alimentari importate da altri paesi. La famiglia e gli amici, le due nonne e la moglie, il cuoco del ristorante ligure, il figlio Filippo e gli alunni delle classi in cui insegna - i bozzetti delle persone sono resi vivi dal loro comportamento in cucina, dai commenti davanti ai piatti, dalle esperienze fatte insieme in un ristorante o in una trattoria.
Paragonando un risotto ai frutti di mare - che delusione - mangiato con gli alunni in gita scolastica a Venezia con un altro risotto gustato in una trattoria sconosciuta. Raccontando della forma di fontina comprata sotto prezzo perché caduta dal camion - forse era sembrata squisita perché mangiata durante il campeggio estivo della scuola, quando lui e si suoi compagni barattavano salamini per una cotognata e alla sera cantavano i canti della grande guerra vicino al fuoco. Smentendo la fama dei funghi, con qualche suggerimento di ricetta. Ricordando le vacanze del dopo guerra sull'altopiano di Asiago, quando ancora suonavano le campane e non quegli orrendi dischi registrati. Domandandosi quale sia il segreto del buon caffè, e più genericamente quale sia il mistero per cui un alimento squisito mangiato in un luogo - al mare, per esempio - divenga scipito a Milano. Elencando i "magnifici dodici da non dimenticare" (ma no, non è un banale elenco, ogni piatto indimenticabile è sempre legato allo schizzo di un ricordo, ad un luogo, ad un tempo e a delle persone) e i piatti èmeglio cancellare dalla memoria.
Solo il capitolo dell'acqua trasformata in vino alle nozze di Cana ci è parso inserito forzatamente in questo viaggio lungo una scia di ricordi profumati, rievocati sempre con brio e umorismo, leggeri come i piatti dei cuochi migliori. Un libro ricco di atmosfera e anche specchio di abitudini di una società e di una cultura che vediamo sparire con rammarico. Da divorare.
(Marilia Piccone, 18 gennaio 2007)

b) L'intreccio, che ci viene genialmente anticipato dalla copertina e poi deliziosamente descritto, è quello tra storie di cibo e storie di gente, tra ricette e ricordi, tra menù e sentimenti. L'Autore, ingegnere, prof di Fisica, fondendo ingredienti e parole trova la formula di un gustoso/delicato amarcord.
(Alberto Carloni su Sorrisi e canzoni, 22 gennaio 2007).

c) Aprendo il libro recentemente pubblicato dal "nostro" Giovanni Tonzig, docente di Fisica al liceo sino al 1998 oltre che ex alunno, occorre fare attenzione al titolo completo: L'intimo intreccio. Storie di cibo e di gente (Bietti 2006). È proprio la seconda parte che ne rivela il significato più vero, dando modo anche a chi, come me, non ha mai avuto alcun interesse per l'arte culinaria, di trovare motivi per appassionarsi alla sua lettura, sino a consigliarlo a molti amici.
Cibo e gente, ma direi anche cibo e luoghi, cibo e tempi... sono davvero intimamente intrecciati tra di loro nella mente di chiunque; solo che molto spesso non ci facciamo caso, non ne approfondiamo il valore: un piatto particolarmente apprezzato, o viceversa decisamente impresentabile, facilmente rimanda alle persone che lo hanno preparato o assieme a cui ci siamo ritrovati a tavola, all'occasione che è stata teatro di quel momento, al contesto in cui tutto ciò è avvenuto...
Basandosi su di un'ottima memoria, come pure ad una reale ed approfondita esperienza culinaria - che sorprende chi abbia avuto di lui solo una conoscenza occasionale - , Tonzig ci porta a spasso nel tempo, offrendo anche ai "non addetti ai lavori" indicazioni interessanti in fatto di cucina, ma soprattutto coinvolgendoci attraverso memorie di vita tracciate con non comune maestria narrativa.
Dalle pagine del suo testo prendono forma situazioni e volti a noi ignoti, ma che a poco a poco sentiamo più vicini, quasi amici; particolarmente interessanti i ricordi della sua infanzia e prima gioventù (tra questi, un intero capitolo, il settimo, dedicato al Leone, che la nostra rivista ha proposto in anteprima sul numero di settembre 2006), l'epoca attorno alla seconda guerra mondiale, con la difficoltà a reperire cibo e l'abilità delle donne di allora a mettere assieme un pranzo accettabile, le esperienze maturate con i suoi allievi, ma anche in altre e insospettate attività lavorative.
Come pure, affascinano certi personaggi legati al cibo, quali ristoratori o persone comuni, grandi esperti o cuochi casuali; vorremmo averli conosciuti anche noi o, meglio, vorremmo aver fatto tesoro di questi incontri così come Tonzig ha saputo fare, come ci insegna a fare.
E ancora, quanta curiosità per luoghi da lui frequentati, spesso in periodi di riposo o anche durante gite scolastiche, che vanno a disegnare una "guida d'Italia" davvero particolare!
E poi, evidentemente, nel libro ci sono molte indicazioni puntuali, ed anche ricette, su quel che si prepara a tavola. Mai però presentate col sussiego, tra l'esaltato e il normativo, cioè con quella modalità che è propria di quasi tutti i manuali di cucina; in questo argomentare emerge una tonalità ironica che è tra le cifre più interessanti di questo scritto.
La si può apprezzare sin dalla pagina introduttiva, dedicata con molta signorilità al lettore. Tonzig si presenta così: "Sfortunatamente sono un ingegnere"; e poi prosegue: "Lo so, gira voce che, cuoco o non cuoco, io in cucina me la cavo egregiamente". Oppure, la si trova nelle non molte note a piè di pagina, poste quasi come a completamento, anche narrativo, di vicende particolarmente curiose. Val la pena di leggerle, come pure di lasciarsi accompagnare in tutto questo significativo viaggio.
Alla fine, dai ventinove capitoli in cui si snoda il testo, ciascuno potrà liberamente ritenere quel che più può essergli utile: un suggerimento gastronomico, lo stimolo a visitare un luogo, o a ritornare con sguardo nuovo a luoghi già conosciuti, ma soprattutto una passione per la vita, per la storia del proprio tempo e per le persone, che dà sapore anche ai momenti quotidiani.
(Prof. Luca Diliberto su Tuttoleone, rivista dell'Istituto Leone XIII di Milano, marzo 2007)

d) Nessuno di noi si è mai reso conto di quanto della nostra vita può essere ripercorso seguendo il filo dei ricordi legati al cibo. Proprio questo, cioè stabilire un "intimo intreccio" tra elementi gastronomici ed episodi realmente accaduti, ha realizzato l'autore, che si è lasciato quasi inavvertiamente guidare dal dipanarsi stesso dei racconti. Ne è nata una ricchissima galleria di personaggi disparati, "conditi" (è proprio il caso di dirlo) da un'equilibrata eleganza stilistica e da un gusto ed una competenza specifica che lasciano sinceramente ammirati.
(Mariella Malaspina su Ex News, maggio 2007)

e) Non c'è solo elaborazione gastronomica, manicaretti più o meno buoni, vini; il vero gourmet va ben oltre, e la cucina rappresenta una maniera di parlare con l'altro e con la propria storia personale. Così il racconto di una vita da amante della gastronomia può diventare un piccolo, commovente diario privato dove il dialogo può scaturire, silenzioso, dal gesto culinario più semplice. Con una scrittura lieve e intensa Tonzig giunge al cuore delle cose e scopre come alla tavola si intreccino gioie e dolori di un'esistenza, ripercorrendo piatto dopo piatto il proprio vissuto, dai ricordi dell'infanzia alla maturità. Consigliato a chi crede ancora che la cucina sia una forma di poesia.
(Fabio Molinari nel sito www.clubpapillon.it)

f) Un libro, si direbbe, di letteratura minore. Quasi un rapido diario della vita, ma che usa come filo conduttore il tema del cibo: la passione dell’A. per la cucina, il suo fiuto di buongustaio, i suoi successi e insuccessi nella ricerca di ristoranti degni di questo nome o di semplici “pacchetti” da mettere nello zaino per una gita. Con questa falsariga si ripercorrono gli anni dell’infanzia, quelli dello studio, della famiglia e del lavoro. Il tutto condito con una gradevole salsina di umorismo, che riconduce l’insieme e il lettore a ciò che il cibo dev’essere: una umanissima e indispensabile esperienza di vita e di convivialità.
Da sempre la comunione di mensa è anche comunione di vita. Mangiare non è soltanto nutrirsi o una faccenda da sbrigare. È anche un aspetto dell’avventura umana e, non ultimo, talvolta un rito. Ed è la presenza degli altri: familiari, parenti, amici, compagni, allievi ecc. che dà alle pagine dell’A. pure lo sguardo disincantato di chi sa che le proprie passioni, in fatto di cucina, possono anche non essere condivise. Lasciamo anche noi il giudizio agli esperti. L’importante è che gli altri ci siano, per scoprire con loro un fondo di valori che danno sapore alla vita.
(Gianpaolo Salvini, La Civiltà Cattolica, n.3770 del 21 luglio 2007)

Altri commenti

1.
Giuseppe Pontiggia
2.
Mario Rigoni Stern
3.
Giuseppe Dalba
4.
Guido Pegna
5.
Rita Serafini
6.
Amina Bonacina
7.
Enrico Mezzetti
8.
Mariella Malaspina
9.
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20.
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Claudio Zarotti
23.
Andrea Frova
24.
Paolo Coraluppi
25.
Vinicio Romano
26.
Luca A. Ludovico
27.
Guido Caroselli

1.

In una lettera datata 28 aprile 1992, Pontiggia si era congratulato con me per il mio libro "100 errori di Fisica pronti per l'uso", che, su suggerimento dell'editore, gli avevo fatto avere con alcune indicazioni sulle pagine più facilmente leggibili da parte di chi sa poco di Fisica ("Ho molto apprezzato il Suo libro... diverte, ma anche concentra l'attenzione su punti essenziali... La ringrazio delle Sue 'segnalazioni' di lettura, ma ho letto, capendolo solo in parte - ma sempre con un divertimento traslato e metaforico - anche il resto... Il libro è scritto con misura ironica e amabile... Ricambio vivamente la Sua stima"). Forte di tale fortunato precedente, nel settembre del 2002 inviai a Pontiggia il manoscritto dell'Intimo intreccio. Formalmente, nel biglietto di accompagnamento non chiedevo nulla, né valutazioni né appoggi: ma chiaramente Pontiggia, aduso a queste vicende, mi lesse nel pensiero e mi rispose di conseguenza. La sua risposta tardò peraltro parecchio, quattro mesi: la data è 10 gennaio 2003. Stringe il cuore leggere le parole con cui Pontiggia accenna a "condizioni di salute non ottimali" e dice che deve stare "molto riguardato": cinque mesi più tardi, stroncato da un collasso cardiocircolatorio, Giuseppe Pontiggia moriva nella sua casa di via Farneti, a Milano.
Ecco la sua lettera (la citazione a cui si fa riferimento nelle prime righe è quella della nota 2 del capitolo, poi soppresso, "Un sorso di limoncello"). Cliccando qui è possibile scaricare il PDF con la scansione del documento originale.

Gentile Prof. Tonzig, mi dispiace di non averle scritto prima, ma è stato un periodo caotico: un intensificarsi degli impegni in seguito alla uscita del mio libro e condizioni di salute non ottimali (devo stare molto "riguardato"). Ho fatto percorsi e sondaggi dentro il testo (grazie per la citazione lusinghiera) e ho ritrovato quello stile nitido, lucente, preciso, screziato di ironia e ricco di vitalità, che mi aveva colpito. Non posso però darle un giudizio più accurato e analitico, perché sarebbe affrettato, dato i tempi troppo rapidi della lettura. Inoltre, glielo confesso con franchezza, a parte i problemi di tempo ho resistenza a darle un giudizio che valga anche come presentazione o avallo editoriale: ho smesso da molti anni il lavoro di collaborazione "attiva" con le case editrici e questo campo è diventato, nel frattempo, molto deludente. Nei rari casi in cui ho fatto da "tramite" di un testo oppure è stato citato un mio giudizio, gli editori non hanno risposto o hanno risposto, negativamente, dopo un tempo esasperante. Le sembrerà strano, ma è così. È mutata, anche per la brutalità dei condizionamenti commerciali, la civiltà dei rapporti: e gli editori, anche se rispettano formalmente un giudizio, vogliono decidere sulla base di criteri "interni" spesso indecifrabili (oppure troppo) e di valutazioni economiche-pubblicitarie altrettanto sfuggenti. Perciò ho deciso di evitare presentazioni e anche suggerimenti, per risparmiare frustrazioni inutili agli autori e a me. Troppe delusioni.
Spero capisca la mia reazione, che nulla ha a che fare con la stima profonda e la simpatia che ho per Lei e per il Suo lavoro.
Le mando i miei auguri migliori per il nuovo anno. E i miei saluti più cordiali
Giuseppe Pontiggia (Milano, 10 gennaio 2003)

2.

Caro Tonzig, la ringrazio per Ultimo intreccio; l'ho letto e l'approvo in tutto. La ringrazio e le auguro un buon carnevale odoroso di frittole e crostoli.
(Mario Rigoni Stern, Asiago, 7 febbraio 2007; collegamento al messaggio)

3.
La lettura e' gradevole come quello di un libro di Rigoni Stern. Chissa' che non sia la magia dell'altopiano a infondere e plasmare grazia, semplicita', chiarezza e concretezza... Come per i libri piu' belli, di capitolo in capitolo, mi riprometto di tornare indietro ad approfondire la lettura.
(prof. Giuseppe Dalba, direttore del Dipartimento di Fisica dell’Università di Trento, 1 marzo 2010).

4.

È delizioso, è uno straordinario regalo. Devi sapere che in questo periodo sto rileggendo (leggendo?) Proust. Un impegno di lunga lena, su una edizione critica molto impegnativa, una cosa da prendere con calma e pazienza. Ma appena ho aperto ad una pagina a caso il tuo libro e gettato lo sguardo sulle prime righe, non ho potuto smettere. Quindi sono ripartito dall'inizio e sto continuando con immenso piacere. Questa tua meravigliosa creazione avrà molto successo.
(Guido Pegna, università di Cagliari, email del 21 dicembre 2006)

Sto continuando a leggere. Questa mattina sono rimasto molto toccato dalla pagina sulle campane sull'altopiano di Asiago, nelle valli...alta poesia. Tutto il contrario del fastidio insopportabile e dell'odio insanabile che le campane suscitavano in Gadda! L'accostamento al "Il Sistema Periodico" di Levi (nostro insostituibile maestro) mi sembra sempre più pertinente: non avrei remore ad indicarlo esplicitamente in una eventuale successiva edizione l'anno prossimo.
(Guido Pegna, università di Cagliari, email del 23 dicembre 2006)

5.

Mi ha dato un divertimento immenso il capitolo "pesce scaccia pesce"... mi sono piaciute molto le cose che hai scritto, ne ho riso tanto!
(Rita Serafini, 23 novembre 2003)

6.

I racconti su tuo padre sono davvero esilaranti e commoventi. Il ricordo, l'ironia e l'affetto sono "amalgamati" (per usare un termine della cucina) con grande sapienza.
(Amina Bonacina, 11 gennaio 2005)

 

7.

Mi unisco al coro dei commenti favorevoli al tuo libro. L'ho letto divertendomi, forse perchè conoscevo l'autore, ma a tratti mi sono anche commosso quando ho ritrovato la nostra gioventù. Sei stato sublime nel capitolo "quando la fontina scendeva dal cielo" nel rendere in poche paginette la magica atmosfera del campeggio di Planpincieux. Ma è tutto molto bello, molto vero.
(Enrico Mezzetti, compagno di scuola, 26 dicembre 2006)

8.

Ho riletto bene e con calma e completezza il tuo libro durante le vacanze e ne sono stata ancora più entusiasta.
(Mariella Malaspina, già preside del Leone XIII, email del 10 gennaio 2007)

9.

L'ho letto con molto piacere, anche con non poca commozione. In fondo i tuoi ricordi degli Anni 50 sono i miei... e poi il Leone, le gite scolastiche, fratel Bortolon (bravo che l'hai ricordato! ed è vero che traballava sempre nel grembiule bianco, anche da giovane), le vacanze di quegli anni lontani...
(Alberto Carloni, capo redattore controllo qualità settimanale Sorrisi e canzoni, email del 10 gennaio 2007)

10.

Ieri sera, mentre ero in metropolitana, ho iniziato a leggere le prime pagine, e mi sono proprio divertita. Ho anche rischiato di non scendere alla mia fermata perché troppo presa dalla lettura!
(Cristina Apa, 11 gennaio 2007)

11.

Il tuo libro mi è piaciuto veramente: adesso però ho qualche incertezza nell'invitarti a pranzo a casa mia...
(Piergiorgio Gallinoni, presidente Associazione Amici del Vittorioso, email del 30 gennaio 2007)

12.

Non sono riuscita a smettere di leggere. Ho incominciato e ... ho chiuso al termine del libro il mattino successivo. Che meraviglia! Scorrevole, piacevole e molto interessante.
(Patrizia Montorfano, prof. di Chimica e Tecnologia degli alimenti, email 18 del febbraio 2007)

13.

Dopo poche pagine mi ha preso e me ne sono abbuffato ignobilmente. Mi consola pensare che essere ingegneri, pur rimanendo un peccato di gioventù, ha talvolta esiti ... non infausti.
(Luigi Mojoli, email 24/2/2007)

14.

Ho letto il tuo libro e ti faccio i miei complimenti! estremamente piacevole e coinvolgente!
(Ferruccio Rapetti, ex alunno del Leone XIII, email 25/2/2007)

15.

Il tuo libro di gustosissimi "percorsi" culinari non solo mi ha molto divertito, ma mi è stato di grande sollievo e conforto in tanti momenti, a tratti penosi e difficili.
(Nicolò Codini, ex alunno del Leone XIII, 12/3/2007)

16.

Ho apprezzato non solo i ricordi leoniani... ma anche l'umorismo con cui condisci il tutto per i tuoi lettori e che vale come un'ottima salsina.
(Gianpaolo Salvini S.J., direttore di "La Civiltà Cattolica").

17.

Stimolato dalla recente recensione dell'Intimo intreccio fatta da Luca Diliberto su Tuttoleone, mi sono precipitato ad acquistare il libro che ho letto con sommo godimento in un sol respiro... Spero di leggere presto un tuo altro lavoro, perchè sei un narratore nato, piacevole e che sa far amare ciò di cui parla.
(Roberto Buonamico, email del 9 aprile 2007)

18.

Abbiamo molto apprezzato il tuo ultimo libro. La tua scrittura è profonda ma scorre leggera, soprattutto quando ricordi gli avvenimenti, i profumi, i sapori e i colori della famiglia che sono davvero commoventi e indimenticabili.
(Giovanna Conte e Alberto Sartori, email del 12 aprile 2007)

19.

Per quanto riguarda il suo libro non l'ho letto, ma l'ho divorato. È stato bello e a volte anche emozionante. Ci sono dei racconti eccezionali.
(Barbara Storaci, email del 3 maggio 2007)

20.

Ho appena finito di leggerlo, o meglio di "divorarlo"... Ho gradito in particolar modo l'equilibrio con cui racconti più spiritosi (a volte veramente divertenti) si alternano ad episodi velati da un accento malinconico.
(Chiara Rizzatti, 9 giugno 2007)

21.

Ho letto con gran gusto e in pochi bocconi (per stare in tema) il tuo bel libro... è uno dei libri più gustosi dell'anno.
(Franca Bianchi Iacono, 10 giugno 2007)

22.

[Questo è un commento a dir poco sorprendente, un unicum assoluto nel panorama dei commenti fin qui ricevuti. GT]
Ho letto il libro. Lo rinominerei : "Il sesso in cucina", oppure "Erotismo in cucina". Visto che non vedevo l'ora di darTi un voto in pagella, eccoci:
1. leggibilità: 8
2. condivisione culinaria: 8
3. sapori: 9
4. odori: 7
5. colori 6 -
6. rimpianti 9
7. malinconia 10
8. narcisismo (mascherato) 10
9. appetito sessuale: 10
10. erotismo 10.
È un libro in cui traspare una forte sensualità che sembra aver trovato il proprio sfogo (senza peccato e senza sensi di colpa) nel cibo… Sei sicuro che il "caldo con caldo" si riferisca solo al cibo?
(Claudio Zarotti, mio ex alunno della prima ora, luglio 2007)

23.

Finalmente sto leggendo il tuo Intimo intreccio e voglio anticiparti ancora prima della fine che l'ho trovato molto gradevole, ben scritto, ti fa affezionare. Forse perché le vite degli uomini di una certa appartenenza sono tutte così simili e parallele. Quante circostanze della tua esistenza che coincidono con le mie, quanti luoghi, pensieri, ricordi, considerazioni! Magari mi rifarò vivo a libro terminato. Intanto, di nuovo mi complimento e ti dico: bravo.
(Andrea Frova, Università di Roma La Sapienza, email 14/11/07)

24.

Ho subito letto il testo sulla copertina con la presentazione del libro e dell’autore. Sono rimasto un pò perplesso perchè non sono un goloso. Oggi ho letto il tuo libro e sono rimasto subito preso dal modo garbato con cui hai intrecciato i tuoi ricordi gastronomici con le vicende della tua famiglia. E' un libro di racconti che ho apprezzato in toto, anche nelle pagine più strettamente tecniche della gastronomia. Con un pò di rimpianto confesso di non aver avuto conoscenza della profondità dei tuoi sentimenti e di averti poco conosciuto in passato. Con questo libro mi hai dato percezione della tua cultura e della tua sensibilità. Di ciò ti ringrazio profondamente.
(Paolo Coraluppi, 13/12/2007)

25.

È un libro prezioso,deve essere letto almeno due volte. Già il titolo richiama attenzione e suscita curiosità. Inutile dire che ho fatto tesoro delle sue ricette e del suo galateo. Piacevolissima la lettura. Direi che ogni qualvolta ci si accinge alla lettura si avverte un senso di gioia come davanti una tavola ben imbandita, quasi ci si preparasse a un delizioso pranzo. Grazie per avermi  fatto partecipare a tanti ricordi. È veramente un libro che merita di essere letto perché reca un vento di serenità e di piacere. Grazie.
(prof. Vinicio Romano, 16/4/08)

26.

Io credo che il tuo bel libro valga a rivelare non solo lo stretto rapporto (l’intreccio, come tu dici) che tra cibo e memoria, tra cibo e vita così spesso intercorre, ma anche, a pieno titolo, l’incontro e l’abbraccio tra cibo e letteratura.
(Luca A. Ludovico, Università degli Studi di Milano, 1/11/08)

27.

Non conosco personalmente Giovanni Tonzig. Ci è capitato di scambiarci tre o quattro mail cortesi, amichevoli, espressioni di reciproca stima. Comincio incuriosito a leggere "L'intimo intreccio" con il desiderio, confesso, di conoscere un po’ meglio l'autore. Un po', capitolo dopo capitolo, credo di riuscirci, facilitato da cose, gusti e ricordi che condivido, poi dimentico l'intento iniziale e comincio a divertirmi, anzi a sorridere, e oggi non è poco, se ti va bene ridi. L'intreccio tra ricordi, esperienze, incontri, e insieme piatti semplici, complicati, vini, misteri del caffè, prelibatezze e cibi meno buoni, ristoranti e case ben descritte, tutto scorre fluido in pagine brillanti, divertenti, ironiche, leggere anche quando si indovina la malinconia. Tutto è ben fatto, anzi cucinato. Bravo Prof. Tonzig!
(Guido Caroselli, novembre 2013)